Giorgione

Giorgione

Insieme ai grandi teleri di Tintoretto, il Cristo portacroce di Giorgione – sovrastato da una lunetta raffigurante Il Padre eterno e angeli, attribuita a Tiziano e aiuti – è la più significativa tra le opere d’arte possedute dalla Scuola.

L’immagine del Cristo, ritenuta miracolosa, si trovava un tempo nella chiesa di San Rocco e fruttò ricchissime elemosine, grazie alle quali fu possibile realizzare il maestoso edificio della Scuola.

Nel 1550 Giorgio Vasari la descriveva come opera di Giorgione, ma nel 1568, nella seconda edizione delle Vite, si correggeva attribuendola a Tiziano. Solo alla fine dell’Ottocento l’opera fu restituita a Giorgione, innescando il moderno dibattito attributivo, tuttora vivissimo.

Chi assegna la tela a Tiziano ne rileva il realismo di matrice nordica, gli influssi belliniani, l’intensità drammatica del gruppo centrale, la “timidezza” delle due figure laterali, inserite quasi a forza nella composizione.

Chi invece preferisce riferirla alla fase realistica dell’ultimo Giorgione ne sottolinea le affinità stilistiche con altre opere del maestro, come la Vecchia delle Gallerie dell’Accademia, e l’intensa e pacata espressione di Cristo, colto in un attimo di pausa, prima di essere nuovamente strattonato verso il supplizio dal manigoldo che gli stringe la corda intorno al collo.

Cristo Portacroce, olio su tela (68,2×88,3) 1505
Cristo Portacroce con lunetta sovrastante