Tesoro

Tesoro

Parte integrante dello straordinario patrimonio artistico della Scuola è il suo Tesoro, ora ospitato nei locali costruiti tra il 1770 e il 1773 da Giorgio Fossati. I grandiosi armadi settecenteschi che occupano la sala, furono realizzati proprio per custodire gli “argenti” della confraternita, un Tesoro che, un tempo secondo solo a quello della basilica di San Marco, fu gravemente depauperato negli ultimi mesi di vita della Repubblica (1797). Se ne ricavarono quasi una tonnellata d’argento e alcuni chili d’oro!

Furono però risparmiati, fortunatamente, gli oggetti destinati al culto divino e quelli di scarso valore intrinseco.Così alcuni pezzi straordinari si conservano ancora. Tra questi un Altarolo con la Madonna e il Bambino, una piccola Pace in steatite e un ramo di corallo, abilmente trasformato in uno straordinario candeliere.

Uno degli armadi contiene alcuni pezzi databili tra gli anni venti e trenta del Cinquecento, uno dei momenti di maggior splendore della Scuola, quando le entrate erano notevolissime, grazie al culto del patrono e del Cristo portacroce, entrambi richiamati sulle placche d’argento dorato della sontuosa legatura della mariegola.

Tra i reliquiari spicca quello monumentale del Dito di sant’Andrea, realizzato verso il 1560 e costato poco meno della Crocefissione di Tintoretto! Al 1676 risale il Reliquiario del dito di san Rocco, oggi collocato alla sommità del grande soler nero. All’incirca nello stesso periodo fu realizzato anche il sontuoso corredo di cartegloria architettoniche in legno di noce, ebano e tartaruga, con decorazioni e statuette d’argento.

Infine va ricordata la Croce processionale tardo-quattrocentesca, uno dei primi oggetti preziosi di cui si dotò la Scuola, ponendo ai piedi della Croce, al posto delle tradizionali figurette della Madonna e di san Giovanni, quelle dei santi Rocco e Sebastiano, protettori contro la peste.

Tappeto mamelucco
Tra i beni della Scuola figura anche un prezioso tappeto mamelucco definito nei documenti “tapedo grando caierin” a indicarne la provenienza dalle manifatture del Cairo, che proseguirono nella loro produzione tradizionale anche dopo la conquista dell’Egitto mamelucco da parte degli Ottomani, creando tappeti di diversa forma e misura, acquistati in grande quantità dai mercanti genovesi e veneziani.

Tipica di questi “mamelucchi” tardi è una composizione a medaglioni, definita “caleidoscopica”, basata su tre soli colori (rosso, blu e verde), senza lumeggiature in bianco o contorni in marrone scuro. Oggi se ne conservano meno di dieci al mondo, tra i quali questo, che presenta una decorazione raffinata e complessa assai simile a quella del tappeto Blumenthal del Metropolitan Museum di New York, è forse il più grande (377 x 988 cm).

Con ogni probabilità venne acquistato dalla Scuola nei primi mesi del 1568, destinandolo immediatamente al bancone della Sala dell’Albergo. Impiegato a tale scopo anche nei secoli successivi, il tappeto “mamelucco” fu dunque il degno completamento dell’arredo di una sala la cui decorazione pittorica era stata da poco compiuta da Jacopo Tintoretto.

Viste le grandi dimensioni del tappeto e la necessità di preservarlo non è sempre possibile esporlo.

Altarolo con la Madonna e il Bambino, 1430 circa
Pace in steatite, ambito veneto, sec. XV
Cartagloria, ambito veneto, sec. XVII
Croce processionale, ambito veneto, seconda parte del XV secolo
Croce processionale, ambito veneto, sec. XVII