Anche quest’anno- sia pure nel rispetto delle norme contingenti – la Scuola Grande intende celebrare degnamente la festa di San Rocco, da secoli espressione della pietà e del senso civico dei Veneziani, non volendo rinunciare a onorare il proprio patrono, e desiderando al tempo stesso rendere più sentita la partecipazione di tutti, come auspicio e stimolo alla rinascita della città.
A questo scopo ha pensato di proporre nei prossimi giorni un excursus nelle tradizioni che anticamente caratterizzavano la festa, molte delle quali sono vive ancor oggi.
Se, ormai da secoli, la visita del doge – privilegio straordinario concesso dalla massima autorità della Repubblica per venerare degnamente le reliquie del santo contra pestem – è solo un ricordo, anche ai giorni nostri, in occasione del 16 agosto, la Scuola realizza particolari allestimenti all’esterno e all’interno dei propri edifici: viene eretto il tendon del dose, la sala dell’Albergo viene addobbata con gli apparati settecenteschi, si respira un’atmosfera diversa e ferve un’attività più intensa dal consueto, che culmina con la Messa Pontificale in onore di San Rocco.
Quest’anno, eccezionalmente, la celebrazione, presieduta da Sua Eccellenza Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia, si terrà alle ore 11.00 nella Sala Capitolare della Scuola (con ingressi contingentati fino a 150 persone), dal momento che la chiesa è chiusa al pubblico a causa del restauro dei dipinti della cupola del presbiterio.
Sin dal Cinquecento, la Scuola riserva attenzione particolare alla celebrazione della festa patronale, giorno in cui, all’epoca della Repubblica si compiva anche l’andata, cioè la visita, del doge alla chiesa e alla Scuola, visita della quale si ha notizia sin dal 1523. In origine occasionale, l’andata divenne apparentemente una ricorrenza fissa dopo la peste del 1576, quando san Rocco fu dichiarato compatrono di Venezia, e nel 1577 il doge Sebastiano Venier, dopo aver visitato la chiesa del Redentore per sciogliere il voto per la liberazione dal morbo, si recò anche alla chiesa dedicata al santo.
Il celebre dipinto di Canaletto (1735 c.), oggi alla National Gallery di Londra, raffigura un momento delle complesse celebrazioni, quando il doge, dopo aver assistito alla Messa, accompagnato dalla Signoria e dagli ambasciatori, esce dalla chiesa di San Rocco, sostando davanti alla Scuola addobbata per l’occasione.
Tra gli apparati allestiti all’interno e all’esterno dei propri edifici per celebrare degnamente la festa, la Scuola usava porre al centro della Sala superiore uno honoreuole candelabro, che veniva chiesto in prestito “hora a una chiesa et hora ad un’altra“, fino a quando nel 1545 non si deliberò di acquistarne uno proprio.
Con il passare del tempo l’attenzione verso questi apparati suntuari crebbe.
Nel 1607 si sottolineava la necessità di acquistare dei “cusini sopra ele quali si possi inginocchiare il serenissimo principe che per sua deuocione in tal giorno viene a visitare detto glorioso santo et anco nell’albergo nostro per tuor la perdonanza auanti tante reliquie santissime che si poneno sopra il banco grande”. Anche i cuscini, infatti, fino a quel momento, erano richiesti in prestito.
Nel 1671, poi, constata la “noia per la percotione del sole, che non è poca in quel sito”, si deliberava per la prima volta l’erezione di un portone in Castelforte, dove talora sbarcava il doge, da realizzarsi “con panni sostenutti in quella forma che il bisogno ricercherà”. Era una prima struttura, destinata a divenire col tempo il celebre tendon del dose.
Infine, verso la metà del Settecento, si provvedeva a dotare la Sala dell’Albergo di una serie di apparati lignei riccamente intagliati, policromi e dorati, destinati a esaltare la solennità del giorno in considerazione del “grande concorso di popolo” che si registrava in quell’occasione, come del resto accade anche oggi quando Veneziani e non si recano nella sala per ammirarla nella sua veste “da festa”.
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